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Decisioni

Decisioni

Nota: questo articolo fa parte di una serie più lunga. La prima puntata, le convenzioni usate e l'indice si possono trovare qui.

Non c'è un capitolo nella qualità che si chiama "decisioni". Ci sono pianificazione (6), leadership (5), risorse (7). Forse la parola "decisione" non è nemmeno presente.

Eppure il concetto di pianificazione, o programmazione, passa attraverso una serie di decisioni. Che le aziende, spesso, faticano a prendere.

Le basi del processo decisionale

Possiamo dividere le decisioni in due macro categorie:

  1. decisioni strategiche
  2. decisioni operative

Se nel primo caso il punto fondamentale è avere una chiara visione della direzione aziendale e del contesto (interno ed esterno), nel secondo i problemi nascono spesso per mancanza di autorità o chiarezza nella stessa, portando le risorse aziendali a delle estenuanti corse sul posto.

In ogni caso ci sono diverse fasi che caratterizzano il processo decisionale e che possono essere estese a qualsivoglia tipologia di decisione.

Identificare la decisione

Non si parte da "cosa devo fare" ma da "che problema devo risolvere" e, contestualmente, devono esserne definiti gli obiettivi e come andare a misurare il risultato (che, per inciso, potrebbe essere anche un "si/no" ma spesso si rischia di fermarsi solo a questo livello).

Raccolta delle informazioni

Una decisione sbagliata spesso dipende, a mio avviso, da una non completa conoscenza del contesto. Avere a disposizione tutte le informazioni rilevanti e organizzarle per cogliere la complessità del contesto è fondamentale per raggiungere i risultati attesi. Se è vero che non possiamo essere tuttologi, per cui molte informazioni devono essere richieste a diversi soggetti, è però importante che chi si trova a prendere decisioni complesse sia in grado di interfacciarsi con diverse figure (dipendenti, responsabili, tecnici etc...).

Identificare le alternative e valutare le soluzioni

Quando la possibilità è una, allora bisogna solo mettere già il piano di attuazione. Ma quando siamo di fronte a diverse possibilità?

Identificare le alternative, esplorarne la fattibilità e valutarne i risultati attesi è la parte più difficile e, per me, più stimolante del processo. A volte la soluzione ottimale richiede visione e creatività, mescolando le diverse alternative, cercando di massimizzare i risultati, minimizzare i costi e attenuare le criticità.

Strumenti che possono essere di supporto sono diversi: l'albero delle decisioni, analisi SWOT, matrici decisionali (come la matrice di Pugh).

L'importante è dare il giusto peso ai risultati positivi dei diversi scenari ed allo stesso tempo valutare correttamente la portata degli aspetti negativi, in particolare se questi aspetti non incidono solo sul progetto da portare a compimento, ma anche su altre componenti aziendali.

Pianificare l'azione

Che non include solo quello che deve essere fatto, ma anche la comunicazione delle decisioni prese, la divisione dei compiti, i tempi, i dati che dovranno essere raccolti etc... A volte il come può risultare secondario su alcuni aspetti mentre sono sempre centrali le responsabilità e i tempi.

A questo punto non serve altro che agire, senza però dimenticarsi che l'attività non si conclude con l'ottenimento del risultato ma richiede anche l'analisi finale.

Analisi della decisione

Ho raggiunto il risultato? Con che costi? Con che impatti (positivi e negativi)? Non approfondire l'analisi finale riduce la possibilità di miglioramento personale (come decision maker) ma anche del team e dell'organizzazione stessa. Il miglioramento avviene grazie allo studio ma anche all'esperienza, basata sui risultati positivi, i fallimenti e tutti gli errori che commettiamo (anche quando non causano un fallimento ma, ad esempio, riducono la portata positiva delle decisioni).

Le decisioni in azienda

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Un'azienda con processi decisionali codificati e delle persone in grado di attuarli efficacemente è un'azienda che, pur operando apparentemente più lentamente (un processo decisionale strutturato non è gratis in termini di risorse e tempo) sarà più orientata agli obiettivi, con risultati generalmente migliori e minori sprechi. Ovvero un'azienda in cui la distanza tra obiettivo è risultato è minimizzato (nello spazio delle possibilità) agevolando la pianificazione di tutta l'organizzazione.

Ho scritto all'inizio che le decisioni si possono dividere tra strategiche ed operative.

Decisioni strategiche

Le decisioni strategiche nascono dall'analisi di rischi e opportunità (6.1), basata sull'analisi del contesto con relativi fattori interni ed esterni (4.1) ed esigenze e aspettative delle parti interessate (4.2). Nelle piccole e medie imprese tutta questa parte è in capo alla direzione (una persona) che non deve mostrare o dimostrare le proprie decisioni, per cui tutto il processo appare lineare, perdendo l'esplorazione di eventuali alternative. In un'organizzazione con un sistema di gestione certificato, tutti questi aspetti devono essere tracciati, descritti nella documentazione aziendale. Chi materialmente compila la documentazione relativa si trova di fronte alla decisione compiuta per cui non più far altro che provare a descrivere le premesse e l'output, ma non può (o non trova il senso) descrivere tutto quello che ha portato alla decisione finale.

Nelle aziende più strutturate, invece, usare questo tipo di approccio (per i responsabili di funzione) permette anche di presentare meglio i programmi di miglioramento e su progetti più complessi, coinvolgere maggiormente le parti interessate interne con il fine di migliorare la decisione stessa.

Decisioni operative

La parte operativa vive di un respiro molto più corto, di una portata più limitata. Non si può pretendere di avviare un'analisi SWOT ogni volta che si deve decidere se mandare avanti l'ordine di un cliente o di un altro. La parte operativa richiede spesso di ripetere quotidianamente le stesse operazioni. Quello che deve essere chiaro, cristallino, è CHI deve prendere le decisioni, a quali principi (e obiettivi) generali devono rifarsi, a chi devono essere comunicate e come devono essere misurati i risultati. Che non è affatto banale o secondario.

Un sistema decisionale efficace in ambito operativo richiede quindi un organigramma e mansionario che rispecchino la realtà aziendale, chiari e conosciuti. Ogni reparto e relativo responsabile devono aver chiaro in testa quali sono gli obiettivi specifici e generali. Misurare (9.1) gli effetti dei processi permette di essere un chiaro supporto (e non, solo, un controllo) al processo decisionale, se visto criticamente, periodicamente e condiviso tra i vari responsabili di funzione.

Negli ultimi anni si sta parlando nelle aziende di introduzione delle intelligenze artificiali a supporto di chi deve prendere decisioni sulla base di molti parametri, probabilmente troppi per tenerli a mente. Allo stesso tempo bisogna ricordare che l'IA non sarà un sostituto perché ci sono qualità umane, quali la sensibilità e la creatività, che difficilmente potranno essere riprodotte in modo efficace e che sono fondamentali ogni qual volta si presenta un problema diverso, che la macchina non è stata allenata a risolvere.

Ah, c'è anche l'etica. Probabilmente l'IA prenderà soluzioni migliori, non necessariamente giuste.

Un approccio pragmatico per le aziende

Nell'ultimo periodo sto cercando di portare nei clienti un approccio pragmatico su questo aspetto. Spesso nella documentazione di sistema si utilizzano termini che sono figli delle norme e non del linguaggio comunemente usato.

Per questo, alla fine del riesame, sto inserendo il riquadro "decisioni" al posto del "piano di miglioramento" per lanciare questo messaggio: "nel concreto, nel prossimo periodo, cosa si decide di fare?". Perché molte delle decisioni strategiche, negli ultimi anni, non sono votate al miglioramento in senso stretto, ma al contenimento dei rischi aziendali.

Per cui questo riquadro di decisioni, comprensivo di budget, responsabilità e tempi, diventa un diario delle scelte direzionali, da rivalutare periodicamente in modo semplice. E nel resto dei documenti aziendali (contesto, obiettivi etc..) o nell'analisi stessa del documento, si può far riferimento a questo riquadro di decisioni.

Metterle tutte insieme permette di razionalizzare e ottimizzare le idee, mettere nero su bianco la previsione di spesa e definire il piano operativo per il miglioramento.

Non è la panacea di tutti i mali ma dove è stato adottato è stato ben accolto.

Trasparenza

Last, but not least, un processo decisionale efficace non deve essere necessariamente trasparente, ma la trasparenza all'interno di un'organizzazione è, secondo me, vitale.

Vitale per le persone che vi lavorano, vitale per i responsabili di funzione che possono trovarsi di fronte alle ripercussioni di cambiamenti in altri reparti.

Rendere trasparenti il maggior numero possibile di informazioni ai diversi livelli aziendali, non solo aiuta a mostrare l'impegno della direzione, ma toglie alibi alle persone, sottrae fiato alle dicerie e aiuta a governare il cambiamento a tutti i livelli.

Spesso, nelle interviste con i lavoratori, viene lamentata una scarsa trasparenza nei processi decisionali, vista come volontà di nascondere novità che, proprio perché nascoste fino all'ultimo, possono incontrare maggior resistenza o, quantomeno, diffidenza.

💡
Se la decisione è stata presa per il meglio dell'organizzazione, perché nasconderla?

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L'articolo è stato scritto secondo i principi dello slow web, bevendo una buona birra e ascoltando Rock n’ roll strumentale con influenze anni '70.